“Di precariato si muore. E non è un caso. È la risposta feroce contro la classe lavoratrice”. Scrive così Marta Fana, nel prologo del suo libro “Non è lavoro, è sfruttamento”, edito da Laterza, nella collana Tempi Nuovi (ottobre 2017, 173 pp, [amazon_link asins=’8858129261′ template=’PriceLink’ store=’siclavoro-21′ marketplace=’IT’ link_id=’eaa24855-0836-11e8-b310-edb044b8b2f3′]).[amazon_link asins=’8858129261′ template=’ProductCarousel’ store=’siclavoro-21′ marketplace=’IT’ link_id=’dcb3d7b3-0836-11e8-b140-a304cb42e8a7′]
Un testo che racconta la triste “libertà” di tanti giovani italiani e italiane, “liberi” di servirsi di contratti a progetto, di prestazioni occasionali, di fare tirocini “come se non ci fosse un domani” e… di non arrivare a mese, senza l’aiuto di genitori, parenti o amici.
Ironica e tagliente, Marta Fana descrive il mondo di chi vive di voucher e lavoro a chiamata, in nome di una flessibilità del lavoro che appare sempre più a senso unico, sempre in danno di lavoratori e lavoratrici. Un lavoro povero e uno sfruttamento che si trovano anche nel pubblico, con Amministrazioni che non assumono più e ricorrono ai precari, oppure privatizzano o esternalizzano produzioni e servizi, una volta considerati centrali: cura, istruzione, pulizia, ecc. Spesso rivolgendosi a cooperative o ad aziende esterne anche per la gestione di redditizi beni culturali: è il caso della Reggia di Venaria, a pochi chilometri da Torino. E gli stipendi e le certezze di lavoratori e lavoratrici intanto crollano…
Un capitolo è dedicato alla moderna piaga del “lavoro gratuito” e alle difficoltà nel trovare un impiego, con l’immancabile sciagurata dichiarazione del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti: “Per trovare lavoro è meglio giocare a calcetto che mandare cv”. Un altro invece all’alternanza scuola-lavoro, che – se non applicata correttamente – rischia di tradursi in manodopera gratuita per le imprese, senza alcuna valenza formativa per studenti e studentesse.
Nell’attuale progetto di “disintegrazione sociale” e di proletarizzazione di fasce crescenti di popolazione – conclude amaramente Marta Fana – lo sfruttamento diventa la regola, non più l’eccezione. Come reagire quindi? Servono un intervento serio della politica e un sindacato più rivendicativo, per porre vincoli alle imprese sul precariato e garantire un salario minimo per legge. Obiettivi ambiziosi, forse difficilmente realizzabili nel breve periodo. Intanto – afferma l’autrice – ognuno potrebbe cominciare a fare emergere le quotidiane contraddizioni di un mercato del lavoro da riorganizzare, per offrire più tutele e più diritti.
Loredana Polito
Aggiornamento: Sempre sul tema della flessibilità e del precariato, segnaliamo la nostra recensione del libro di Luciano Gallino “Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità”, anch’esso edito da Laterza.
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