L’ombra del caporalato si allunga nelle vigne delle Langhe

A pochi giorni dalla prima udienza di appello per il processo Momo che si è svolta il 21 marzo 2024 al Tribunale di Cuneo, l’ombra del caporalato si allunga nuovamente nelle campagne del Cuneese.

Si è infatti conclusa con nove misure cautelari interdittive e il sequestro preventivo di undici veicoli, una lunga attività investigativa avviata ad aprile 2023 dai Carabinieri, a carico di presunti “caporali” attivi nel settore della viticoltura nelle Langhe.

I nove destinatari del divieto temporaneo di esercitare attività professionale – quattro macedoni, quattro albanesi e un tunisino – sono accusati di aver occupato alle proprie dipendenze lavoratori non in regola con il permesso di soggiorno, in aziende agricole operanti nei vigneti delle province di Cuneo, Asti e Alessandria.

L’indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Cuneo e del Comando provinciale, con l’ausilio di ispettori del lavoro e mediatori culturali dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) ha permesso di individuare un «quadro diffuso di sfruttamento lavorativo» in tutta la zona di Alba (Cuneo) e nei territori limitrofi.

Sono stati identificati in tutto 40 lavoratori vittime di sfruttamento, provenienti soprattutto dall’Africa. Per trenta di loro è stato chiesto e ottenuto il nullaosta al rilascio del permesso di soggiorno per grave sfruttamento lavorativo e alcuni sono stati inseriti in progetti Sai. Tra questi, molti immigrati che avevano trovato riparo in accampamenti di fortuna lungo il fiume Tanaro.

Ancora episodi di caporalato nei vigneti italiani – Vignetta di Tiziano Riverso per Sicurezza e Lavoro

«È l’ennesima situazione vergognosa scoperta nelle campagne piemontesi – afferma Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro – con persone migranti sfruttate e costrette a vivere e lavorare in condizioni precarie e indegne. Un fatto ancor più grave perché accade in uno dei distretti agricoli più ricchi d’Italia, in un territorio riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’Unesco. I valori umani riconosciuti dalle Nazioni Unite e l’imprenditoria di eccellenza delle Langhe non possono essere travolti dalla disumanità di alcuni caporali e da poche aziende disoneste. Nell’attesa che venga fatta chiarezza dalla Magistratura, ci auguriamo una ferma condanna di queste pratiche da Istituzioni e imprenditori seri e responsabili».

«Ad Alba c’è un sistema organizzato ed ‘efficace’ di caporalato attivo purtroppo da anni – dichiara a Sicurezza e Lavoro Piertomaso Bergesio, segretario generale Cgil Cuneo – e ci sono cooperative e imprese ‘senza terra’ che offrono bassa manovalanza ‘chiavi in mano’, con migranti che arrivano anche dai Centri di Accoglienza Straordinaria – Cas di Torino, Milano e Genova, grazie a una fitta rete informale, e che operano sotto il rigido controllo di caporali. È un sistema criminale, a volte violento, che stiamo monitorando da tempo, dal quale talvolta gli imprenditori, minacciati, fanno anche fatica a uscire».

«Nella Langhe e nel Roero si produce ricchezza – conclude Bergesio – ma non c’è la volontà di ridistribuirla tra chi contribuisce a produrla e di fare assunzioni, preferendo l’intermediazione di manodopera. Il Comune di Alba e le Istituzioni, in collaborazione con la Prefettura di Cuneo, e gli imprenditori devono reagire e sedersi intorno a un Tavolo, come accaduto a Saluzzo, per salvaguardare il territorio e la dignità di chi lavora».

Sull’episodio è intervenuto anche il segretario generale nazionale della Fai Cisl, Onofrio Rota: «Dobbiamo tutelare le eccellenze del territorio contrastando tutte le forme di sfruttamento sul lavoro. È possibile farlo soltanto con un’azione sinergica tra forze dell’ordine, imprenditori e organizzazioni sindacali e mettendo in campo in ogni territorio la rete del lavoro agricolo di qualità, prevista dalla legge 199 del 2016, per contrastare il caporalato. Occorre poi rendere protagonisti gli enti bilaterali, vere sentinelle sul territorio, e fare applicare correttamente i contratti provinciali di lavoro agricolo, per fare il modo che il lavoro sia ben retribuito e venga garantita la sicurezza sul lavoro».

Felicia Bello

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