Non possiamo e non vogliamo far passare sotto silenzio tutta la rabbia e il dolore per le tante, troppe vite spezzate nei luoghi di lavoro.
Da tante piazze del Paese il 1° maggio 2018 abbiamo detto e gridato: basta!
Basta a questa tragedia continua! Il lavoro è vita, il lavoro è dignità: il lavoro, non può, e non deve, essere morte!
Nel 2017, in Italia, hanno perso la vita nei luoghi di lavoro 1.029 persone: una strage, un sacrificio enorme di vite umane, con un alto prezzo pagato anche nelle grandi città, con Roma, Milano e Torino, in cima alla “classifica” delle morti sul lavoro. E oggi questi numeri sono in aumento.
Stiamo parlando di colleghi e amici: persone e non di numeri. Persone come noi, che non hanno fatto più ritorno a casa dalle loro famiglie, dalle loro mogli e mariti, compagne e compagni, dai loro figli e dai loro cari.
Per richiamare l’attenzione su questa piaga sociale, abbiamo voluto dedicare lo scorso Primo maggio al tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
A Torino, come in tante altre città d’Italia, si sa bene che cosa voglia dire “morire per il lavoro”, come lo sanno bene le famiglie dei sette operai della ThyssenKrupp e dei tanti, troppi lavoratori e lavoratrici che hanno perso la vita in questi anni.
Non dobbiamo dimenticare i nostri morti, i nostri lavoratori. Ogni vittima, ogni malattia professionale, ogni incidente è un atto di accusa pesante a un sistema che non sa coinvolgere fino in fondo i lavoratori, le lavoratrici e i loro rappresentanti.
La salute e la sicurezza vengono prima di ogni cosa.
I nomi di tutti coloro che hanno perso la vita ingiustamente sul lavoro risuonano più forti e vivi che mai. E ci danno forza, coraggio, per proseguire la nostra battaglia, cercando di cambiare e migliorare le cose. Senza mai dimenticare il nostro passato.
Dobbiamo promuovere ancora di più la cultura della sicurezza, con il coinvolgimento e la collaborazione di tutti soggetti istituzionali, sociali ed economici del territorio.
Basta appalti al ribasso! Basta esternalizzazioni selvagge! Pretendiamo il rispetto di tutte le norme sulla sicurezza.
La sicurezza deve essere un valore imprescindibile per una società moderna e inclusiva, che coinvolge tutti: pensionati, lavoratori dell’industria, del terziario, dei servizi, dell’istruzione, del pubblico impiego, ecc.
Senza dimenticare i lavoratori e le lavoratrici interinali e somministrati, i collaboratori a progetto e le partite Iva, che chiedono giustamente, più tutele, più voce e più rappresentanza.
In questi settori, c’è molto da fare, e il sindacato è chiamato al massimo sforzo – attraverso una contrattazione più capillare – per garantire più diritti, più dignità e giusti salari.
La recente sentenza del Tribunale di Torino, relativa ai sei rider di Foodora, ha portato all’attenzione il problema dei “nuovi lavori” della Gig Economy. Un tema delicato che il sindacato deve saper affrontare in maniera responsabile, definendo quelle situazioni di confine tra lavoro autonomo e subordinato.
Noi crediamo in una società che metta al centro la persona e non soltanto i profitti, vhe metta al centro i valori e non solo il denaro!
Il lavoro poi, oltre a cambiare velocemente, spesso rischia anche di andare altrove, come dimostrano i recenti casi di Embraco e Italiaonline. E Seguiamo con attenzione, e con qualche elemento di preoccupazione, anche l’andamento produttivo degli stabilimenti Fca a Torino.
Queste vicende ci fanno capire, ancora una volta, che la tutela del lavoro, nel suo insieme, resta non solo la missione principale del sindacato, ma la vera priorità dei governi, della politica e delle istituzioni.
In questo ultimo decennio, abbiamo assistito a trasformazioni epocali, che hanno cambiato per sempre le nostre vite e il mondo nel quale viviamo. Sono cambiate, nel profondo, la politica, l’economia e il lavoro. E spesso il cambiamento ha peggiorato la realtà. Con il lavoro che ha pagato il prezzo più alto, con una disoccupazione giovanile altissima.
Dobbiamo costruire una nuova “alleanza sociale ed economica” tra i principali soggetti e attori istituzionali per l’avvio di una nuova fase di sviluppo e rilancio economico del territorio. Punto di partenza: il lavoro. Perché solo il lavoro stabile, qualificato e professionalizzato, può dare sicurezza economica e dignità.
Il nostro Paese esce dalla crisi arrabbiato, avvitato su se stesso, indurito e privo di fiducia. Nonostante i segnali di ripresa, che si riflettono sull’occupazione e la produzione industriale, siamo più poveri di dieci anni fa. La globalizzazione ha messo a nudo le nostre fragilità. Senza investimenti e senza istruzione un Paese non ha futuro.
Viviamo in un mondo in cui la stessa globalizzazione è messa in discussione, perché da essa si percepiscono più minacce che opportunità. La paura, il risentimento, l’acredine hanno preso il posto dell’orgoglio di classe.
Il lavoro è diventato invisibile. Flessibilità e precarietà caratterizzano la vita e il lavoro dei nostri giovani. C’è un modello di sviluppo con tanto sfruttamento, negazione dei diritti umani e della dignità della persona.
Il sistema va cambiato con norme legislative chiare: con le giuste garanzie della contrattazione tra azienda e sindacati e con più partecipazione e protagonismo di lavoratori e lavoratrici nelle scelte delle imprese. Questo è il modello.
Le priorità devono essere:
- rilanciare la domanda interna, con la contrattazione a tutti i livelli;
- riformare il fisco, con l’obiettivo di alzare i salari e le pensioni;
- rafforzare la dotazione finanziaria del Reddito di Inclusione per arginare la povertà;
- sviluppare una seria campagna contro il dumping contrattuale.
Il recente Accordo sul modello contrattuale e sulla rappresentanza offre un contributo alla crescita e allo sviluppo e produce soluzioni alternative alle ipotesi di salario minimo proposto in campagna elettorale da molti partiti, ma bisogna ripartire da lavoro, fisco e famiglia.
Occorre rilanciare il ruolo dello Stato sociale, aumentare gli aiuti alle famiglie più deboli con bambini e investire sul sistema della formazione e della ricerca, garantendo anche l’accoglienza ai migranti.
La crisi di identità sta attraversando tutto l’Occidente, ma l’Europa resta comunque un elemento di stabilità, sicurezza e pace.
Ci troviamo nell’era della diffidenza, della chiusura e dell’ostilità verso il diverso. In definitiva, stiamo perdendo fiducia nella democrazia. Stiamo perdendo fiducia nell’Europa, rinchiudendoci nelle nostre piccole patrie.
È sempre più forte la domanda di protezione sociale, perché globalizzazione e immigrazione fanno sempre più paura. Eppure l’immigrazione è una ricchezza, sia per l’Italia che per l’Europa, destinate a un preoccupanteinvecchiamento della popolazione e al crollo dellanatalità.
In questo scenario, non certo rassicurante, siamo chiamati ad agire. Il sindacato confederale rimane oggi uno dei pochi soggetti in grado di aggregare le persone, combattere l’individualismo e la solitudine di massa che sembrano caratterizzare la nostra società.
Sono certo che non ci mancano coraggio, fiducia e speranza: il mondo del lavoro è unito e forte! Insieme e uniti, possiamo essere il cuore della sicurezza, il cuore del lavoro, il cuore di questo Paese.
Domenico Lo Bianco
Segretario Generale Cisl Torino – Canavese
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