“Restate a casa” ci dicono.
È l’unico modo per sconfiggere il nemico invisibile: il nuovo coronavirus. Ma non siamo tutti uguali. Alcune persone sono costrette ad andare a lavoro per combatterlo, questo nemico, o per garantire a tutte e tutti i noi i servizi essenziali.
Ci sono quelli che hanno la possibilità di lavorare da casa e stanno scoprendo vantaggi e svantaggi dello smart working. E poi c’è chi, a causa del coronavirus, il lavoro lo ha perso. Magari perché aveva una posizione contrattuale fragile, oppure perché i suoi progetti sono tutti saltati, o ancora perché l’essere intermittente fa ontologicamente parte del suo mestiere.
È successo a molte e molti di noi, lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e del cinema, che ci siamo trovati da un giorno all’altro a mani vuote: niente più debutti, né set, né progetti da terminare. Ma, da operai della fabbrica dei sogni quali siamo, sappiamo anche trasformare una necessità in una virtù.
Così è accaduto per un gruppo di lavoratrici dello spettacolo e del cinema, di cui faccio orgogliosamente parte. Un piccolo miracolo, ai tempi del virus che annienta le relazioni sociali.
Ci siamo conosciute grazie al gruppo facebook Mujeres nel cinema e abbiamo cominciato a scambiarci idee sulla situazione che stavamo vivendo. In alcune di noi si è fatta strada l’esigenza di raccontare queste settimane, che sembrano il copione perfetto per uno spettacolo teatrale o il soggetto giusto per un buon film. E invece sono la nostra vita, quella che supera la fantasia.
Ci è venuta un’idea: usare questo tempo svuotato per riempirlo di storie. “Tutte a casa – Donne, lavoro, relazioni ai tempi del Covid-19” nasce dalla voglia di un racconto cinematografico collettivo di queste giornate insolite, punteggiate di emozioni e sentimenti contrastanti.
Attraverso una pagina Facebook dedicata, in partnership con Sicurezza e Lavoro, abbiamo lanciato una call, alla quale ci auguriamo che aderiranno tantissime donne: perché è insieme a loro che potremo costruire il nostro racconto.
“Tutte a casa” è l’idea di un documentario di narrazione collettiva sul rapporto tra donne e lavoro in questo tempo così incerto. Un diario emotivo, ma anche pratico.
Alcune di noi continuano ad andare a lavoro, lottando tra la paura legittima e il senso del dovere. Altre lavorano da casa e fanno i turni con i rispettivi compagni, barcamenandosi tra mail, telefonate e pannolini da cambiare, pappe da preparare e bambini da intrattenere con giochi inventati sempre diversi. Lo smart working ha i suoi vantaggi, indubbiamente, ma è anche vero che annienta la linea tra il tempo del lavoro e quello della vita.
Altre donne sono invece rimaste a casa senza un lavoro, oppure vivono in solitudine questo isolamento necessario, in cui un monolocale a misura di sé diventa all’improvviso una grande città deserta.
Ognuna di noi ha la sua sfida da affrontare, che il Covid-19 ha trasformato in una battaglia a viso aperto.
Sono le storie di tutte queste donne che vorremmo ricevere, attraverso i loro video: mamme, nonne, single, adolescenti, bambine. Vogliamo invitare tutte a leggere la call e a diventare parte di questo viaggio che faremo insieme. Partecipare è semplicissimo: basta inviare dei brevi video-diari – della durata massima di 5 minuti, girati in orizzontale, con qualsiasi strumento di ripresa – che documentino il trascorrere dei giorni o i mutamenti della condizione lavorativa e personale; oppure dei video descrittivi degli spazi e delle attività quotidiane.
Riguardo alle persone e agli spazi filmati, è necessario firmare una liberatoria, per consentire la realizzazione e la distribuzione del documentario (scaricabile qui, a cura dell’associazione 1506), da inviare insieme al video.
Per l’invio dei materiali e per qualsiasi informazione o richiesta di assistenza è attivo l’indirizzo e-mail tutteacasa@gmail.com.
Non vediamo l’ora di ricevere quei pezzi di vita che le donne vorranno condividere con noi!
Maria Antonia Fama
Tutte a casa
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