Le scuole sono chiuse ormai da quasi due mesi per l’emergenza coronavirus e, per far fronte alle esigenze di cura di figlie e figli, costretti a restare a casa, il Governo ha concesso solo 15 giorni di congedo parentale, retribuito al 50 per cento.
Lo stesso accadrà per i prossimi due mesi. Questa scelta è inaccettabile, anche perché, spesso, sono le donne a doversi fare carico di un tale sacrificio, perdendo il 50 per cento del proprio stipendio oppure, addirittura, lasciando il proprio lavoro, quando hanno un contratto part-time o un reddito inferiore a quello del coniuge.
Né si può pensare nella Fase 2 di contare, più o meno implicitamente, su nonne e nonni, chiamandoli, ancora una volta, a svolgere il ruolo di welfare informale che il pubblico non è in grado di realizzare. E chi i nonni non li ha, o li ha in un’altra Regione?
Per evitare il rischio di riportare la condizione delle donne indietro di settant’anni, il Governo deve assumersi la responsabilità di trovare soluzioni reali, non posticce e arrangiate.
Sono state giustamente individuate le risorse finanziarie per gran parte di tutte le categorie della popolazione. Ora, si devono trovare anche per i genitori e, in modo particolare, per le donne, che già da prima dell’emergenza versavano in situazioni di maggiore debolezza economica nella società e all’interno delle famiglie e, ora, rischiano di uscire definitivamente dal mercato del lavoro, perdendo ogni strumento di indipendenza economica.
Fintanto che le scuole rimarranno chiuse, dunque, il Governo deve garantire la copertura di un congedo parentale straordinario, la cui indennità deve essere pari almeno all’80 per cento della retribuzione.
Questo è ciò che deve fare un Esecutivo che voglia dimostrare, davvero, di avere la condizione delle donne in cima alle proprie priorità.
Carmelo Barbagallo
Segretario Generale Uil
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