Con moltissimi dipendenti – sia pubblici che privati – in smart working e telelavoro da parecchie settimane (e chissà ancora per quanto) a causa dell’emergenza coronavirus, la questione dei buoni pasto e delle indennità del personale può assumere una dimensione economica rilevante, sia per lavoratori e lavoratrici che per le aziende private e le amministrazioni pubbliche coinvolte.
Per venire incontro alle esigenze dei propri dipendenti e per evitare possibili contenziosi, il 14 maggio 2020 il Comune di Roma ha raggiunto un accordo con le organizzazioni sindacali della Funzione pubblica per regolare le modalità organizzative e retributive dello smart working per i dipendenti di Roma Capitale.
L’intesa – spiega lo stesso Comune di Roma – prevede l’erogazione dei buoni pasto, a partire dal 1° aprile 2020, per tutti i lavoratori e le lavoratrici a cui è stato disposto il mantenimento del consueto orario di lavoro anche in modalità da remoto.
I buoni pasto relativi al periodo di emergenza Covid di marzo 2020 erano invece stati utilizzati per acquistare beni di prima necessità a beneficio delle fasce più deboli della popolazione romana.
L’accordo prevede anche il mantenimento delle indennità di responsabilità e funzione proprie della qualifica professionale del dipendente, mentre le indennità relative alle condizioni di lavoro non vengono erogate perché connesse con la presenza fisica in ufficio. Le somme non erogate saranno accantonate e incrementeranno il fondo per il salario accessorio, per finanziare in futuro specifici istituti incentivanti.
“Si tratta di un accordo che garantisce ai dipendenti il riconoscimento del salario accessorio anche in una fase in cui il lavoro viene organizzato prevalentemente da remoto. Roma Capitale si sta affermando come vero e proprio laboratorio all’avanguardia in Italia per quanto concerne lo smart working, sia a livello di produttività dei servizi che riguardo la tutela e la valorizzazione delle competenze e delle professionalità” – ha dichiarato Antonio De Santis, assessore al Personale del Comune di Roma, una delle figure principali della Giunta guidata dalla sindaca Virginia Raggi.
La decisione di Roma Capitale potrebbe essere presa ad esempio dalle molte altre Amministrazioni pubbliche – tra cui il Comune di Torino, anch’esso amministrato dal Movimento 5 Stelle, con la sindaca Chiara Appendino – che non si sono ancora pronunciate sul tema e hanno per ora incamerato i fondi destinati a buoni pasto e indennità del personale che sta lavorando da remoto, spesso senza firmare alcun accordo con i dipendenti o i sindacati.
La normativa sui buoni pasto non è esplicitamente menzionata dalla Legge 81/2017 (“Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”), che però nel Capo II, dedicato al “lavoro agile”, all’articolo 20 prevede che “il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”.
Eliana Puccio
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