Sono trascorsi 50 anni dalla promulgazione da parte del Capo dello Stato Giuseppe Saragat della legge n°. 300 del 1970, a tutti nota come “Statuto dei Lavoratori”.
È un documento che appartiene oggi alla memoria condivisa del Paese, ma che allora fu contrastato dal massimalismo ideologizzato nella politica e nel sindacato.
I riformisti hanno pieno titolo per ricordarne la genesi e i benefici prodotti per la promozione del lavoro nel corso di cinquant’anni di storia d’Italia.
Vogliamo ricordare un piccolo tassello della nostra storia, ovvero lo slogan impresso sulla tessera di iscrizione alla Uil del 1970, che recava la dicitura: “Per la partecipazione autonoma e unitaria dei lavoratori alla conquista di una nuova frontiera nelle fabbriche e nel Paese”.
In anni difficili per il Paese, marcati da aspri conflitti sociali, dai primi segnali del terrorismo e dal rallentamento della crescita economica, Governo e Parlamento seppero rispondere alle sollecitazioni che arrivavano dalle Organizzazioni Sindacali e da vasti strati della società, dando attuazione ai principi costituzionali di tutela del lavoro, di promozione dei diritti sociali e delle libertà sindacali.
A dare una spinta decisiva per l’approvazione fu, infatti, la stagione di fermento culminata nell’Autunno caldo del 1969. La grande mobilitazione operaia e studentesca, le rivendicazioni salariali nelle grandi fabbriche e l’importante dibattito sindacale e politico diedero l’accelerata decisiva a un percorso cominciato già negli anni ’50.
Dal mondo del lavoro e dalle rappresentanze sindacali emergeva con forza l’esigenza di adeguare i rapporti produttivi ai valori costituzionali, considerando il lavoro non alla stregua di una merce da scambiare, ma strumento privilegiato per “lo sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, secondo la disposizione dell’articolo 3 della nostra Costituzione.
Dopo alcuni tentativi falliti nel corso delle precedenti Legislature, l’esigenza di una disciplina legislativa dei rapporti sindacali e dei diritti dei lavoratori all’interno delle aziende assunse un ruolo centrale nel programma concordato tra le forze politiche per sostenere la formazione del primo Governo Rumor.
Nel chiedere la fiducia al Parlamento, nel dicembre del 1968, il Presidente del Consiglio dichiarò che il Governo considerava prioritario l’impegno di definire, attraverso una legge, una compiuta tutela dei lavoratori all’interno delle aziende, in grado di assicurare “dignità, libertà e sicurezza nei luoghi di lavoro”.
A ricoprire la carica di Ministro del lavoro era stato chiamato il socialista Giacomo Brodolini, figura di spicco nelle vicende che condussero all’approvazione dello Statuto.
Egli, consapevole di avere la sorte segnata da un gravissimo male, accettò egualmente l’incarico ministeriale in nome di questo obiettivo ambizioso e dedicò alla sua realizzazione gli ultimi mesi della sua esistenza, consumando in esso ogni residua energia. Il 20 giugno 1969, dopo mesi di febbrile attività, riuscì a condurre a termine i lavori di redazione, compiuti da una Commissione presieduta dal professor Gino Giugni.
Giacomo Brodolini morirà a Zurigo venti giorni dopo, senza poter seguire l’iter parlamentare del disegno di legge, che sarà condotto all0approvazione delle due Camere dal suo successore, Carlo Donat-Cattin, il 20 maggio del 1970.
La legge 300 completò per i lavoratori quel lungo processo di passaggio da sudditi a cittadini, riequilibrando un rapporto sbilanciato a favore della parte datoriale. Il sindacato ottenne il pieno riconoscimento dei suoi diritti di “rappresentante” dei lavoratori e delle lavoratrici.
La democrazia industriale iniziò così il suo cammino, aprendo la strada alla realizzazione di una piena democrazia economica, purtroppo non ancora compiuta.
Tra le conquiste più significative, lo Statuto dei Lavoratori prevede nel Titolo I, dedicato alla tutela della libertà e della dignità del lavoratore, il riconoscimento della libertà di manifestazione del pensiero anche all’interno dei luoghi di lavoro, introducendo il divieto per il datore di lavoro di indagare sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, in particolare nel momento dell’assunzione.
I Titoli successivi, nel disciplinare l’attività dei sindacati all’interno dei luoghi di lavoro, realizzano l’intento di garantire una presenza stabile delle rappresentanze sociali, esercitando, come affermò in seguito Gino Giugni, una vera e propria “azione promozionale”, per incanalare il conflitto sociale all’interno di forme organizzate, in grado di gestire e risolvere le vertenze tra datori e prestatori di lavoro.
Per oltre quarant’anni, l’impianto statutario originale ha retto alle profonde trasformazioni della società e dell’impresa. Nello corso dell’ultimo decennio, però, la legge originaria ha subito significative modifiche. Tra queste ricordiamo, in negativo, quelle introdotte dal Jobs Act del 2015, aspramente combattute dalla Uil, anche attraverso la proclamazione di uno sciopero generale assieme alla Cgil.
Le modifiche hanno cancellato alcune tutele fondamentali per i lavoratori, a cominciare dall’abolizione, per i nuovi assunti, del diritto a essere reintegrati in caso di licenziamento illegittimo (articolo 18 dello Statuto originario).
Nonostante questo vulnus, la legge 300 del 1970 resta un punto di riferimento imprescindibile, a garanzia dei lavoratori e delle lavoratrici e della dignità del lavoro.
Siamo, ovviamente, consapevoli delle necessità di rendere le conquiste dello Statuto rispondenti al nuovo assetto delle relazioni industriali e alla mutata composizione del sistema produttivo e del mercato del lavoro, segnati anche dalle innovazioni tecnologiche della cosiddetta quarta rivoluzione industriale, peraltro per buona parte da realizzare.
Sappiamo, però, che le conseguenze della pandemia causata dal Covid-19, imporranno un’attenta vigilanza sulla salvaguardia dei diritti fondamentali tutelati dallo Statuto, in un contesto lavorativo che, giocoforza, sarà sempre più diversificato e complesso, con profonde modifiche da introdurre nell’organizzazione del lavoro, per contemperare salute e sicurezza dei lavoratori con le necessità produttive.
Gianni Cortese
Segr. Gen. Uil Piemonte
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