La pandemia di Covid-19 in atto acuisce enormemente gli effetti delle difficoltà sanitarie, economiche e sociali del Piemonte, in un contesto di forte calo demografico e di mancanza di investimenti pubblici e privati.
Per affrontare i temi del rilancio e dello sviluppo, occorre partire dal quadro di insieme della nostra regione che negli ultimi anni si è fortemente indebolito nel confronto con i territori maggiormente evoluti del Paese. I principali indicatori economici parlano di una regione in difficoltà, con un urgente bisogno di “ripensare” e riprogettare la sua struttura economica per rilanciarsi al più presto.
Preoccupano i dati sull’occupazione, sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali, sull’aumento della precarietà e della povertà: fattori che minano il tessuto sociale e aumentano le disuguaglianze.
Il Piemonte – che fa registrare un tasso di disoccupazione dell’8,4% (un paio di punti più alto di quelli registrati in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) – occupa circa 1.811.000 persone, di cui il 77% con rapporto di lavoro dipendente. Oggi la distribuzione complessiva degli occupati regionali nei tre settori tradizionali registra 1.186.000 lavoratori nei servizi (65,5% del totale, di cui 239.600 nel pubblico Impiegoi), 563.000 nell’industria (31,2%) e 62.000 nell’agricoltura (3,3%).
Secondo la Banca d’Italia, il Pil piemontese ha subito un calo nel primo semestre 2020 del 12,5% rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre relativamente al terzo trimestre il Pil è sceso del 5,5%.
Dobbiamo anche considerare che, prima della pandemia, il PIL regionale era inferiore di quasi 7 punti percentuali rispetto al 2008 e la produzione industriale di oltre 5 punti. Inoltre, seppur in ripresa, il grado di utilizzo degli impianti nel manifatturiero era, nel terzo trimestre del 2020, del 61,8%.
Nell’ultimo anno hanno perso il lavoro 65.000 persone, impiegate per lo più con forme contrattuali precarie e a tempo determinato, alle quali non è stato rinnovato il contratto: di queste, la maggioranza sono lavoratrici.
Inoltre, nella pandemia sono aumentate le dimissioni volontarie delle donne. Un’anomalia tutta piemontese è l’alta percentuale di disoccupazione giovanile, anche tra i laureati. Solo il 20% di questi trova lavoro in tempi ragionevoli.
Nell’anno della pandemia, la regione ha fatto registrare un forte aumento del ricorso alle varie forme di integrazione salariale. Nel 2020 sono state autorizzate 371 milioni di ore delle varie tipologie di ammortizzatori sociali, in prevalenza cassa integrazione in deroga.
Un altro fenomeno che ci riguarda da vicino è il mancato incrocio tra domanda e offerta. Il 30% delle aziende locali fatica a trovare personale con competenze adeguate, anche a causa della scarsa digitalizzazione del sistema.
Oggi, nessun settore produttivo è immune da difficoltà e le situazioni di crisi aperte nella nostra regione coinvolgono circa 4.000 lavoratori.
Se il quadro descritto non ha ancora portato a forti tensioni sociali, lo si deve in larga parte all’estensione della cassa integrazione Covid e al blocco dei licenziamenti che vanno prorogati per tutti i settori produttivi.
In una fase di profonde trasformazioni (ecologiche, digitali, demografiche), bisogna saper comprendere, governare e indirizzare i cambiamenti, con una visione prospettica che è mancata in questi anni. La conoscenza delle reali condizioni di vita delle persone e la valorizzazione dei punti di forza presenti nel nostro territorio sono elementi fondamentali per la messa a punto di un progetto credibile.
Nel terziario convivono imprese di eccellenza e attività a basso valore aggiunto che utilizzano tipologie contrattuali deboli e precarie.
La chiusura di bar, ristoranti, musei, biblioteche, teatri, cinema, spettacoli, attività turistiche ha colpito un settore importante nella regione. C’è, da una parte, la necessità di garantire sostegni ai lavoratori coinvolti, dall’altra di rilanciare il turismo e aumentarne le potenzialità inespresse. Sarebbe utile, in proposito, un coordinamento capace di promuovere e mettere a sistema queste opportunità per offrire ai visitatori della regione pacchetti turistici integrati. Vanno, inoltre, attentamente valutati gli effetti prodotti dalla diffusione dello smart working sui pubblici esercizi, in particolare nei maggiori agglomerati urbani.
Il Piemonte rimane una delle regioni a più alta concentrazione industriale d’Europa, per il contributo al PIL regionale, all’occupazione e ai processi d’innovazione. Vanta significative presenze industriali in tutti i settori produttivi, pur con andamenti economici differenti. Esistono inoltre importanti specializzazioni territoriali (automotive nel Torinese, alimentare nel Cuneese, distretti del tessile a Biella e in Valsesia, orafo a Valenza, rubinetteria a Novara e nel V.C.O, biomedicale a Saluggia). La manifattura svolge un ruolo di traino su altre attività, dai servizi, all’impresa, al sistema formativo, risultando trasversale pressoché a tutte le missioni indicate dall’Europa. Saranno determinanti gli investimenti pubblici e le politiche volte ad attrarre quelli privati, entrambi indispensabili per conseguire l’auspicato rilancio dell’intera economia piemontese.
Il settore agro-alimentare, oggetto di interesse crescente da parte dei consumatori, può vantare importanti eccellenze e il riconoscimento dell’Unesco per il territorio Langhe, Roero e Monferrato. Considerando la rilevanza dell’agricoltura per la nostra regione, è da registrare positivamente e da incoraggiare l’incremento di giovani che scelgono di lavorare in campagna. L’ulteriore sviluppo del settore passa da un deciso contrasto della piaga del caporalato, proseguendo nella battaglia contro il lavoro nero ed irregolare. In proposito, bisogna valorizzare e rafforzare gli impegni assunti tra Regione Piemonte e Parti sociali con il Protocollo sottoscritto il 13 marzo del 2019.
Tutti i settori sono soggetti alle innovazioni di processo e di prodotto con la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale e la conversione all’energia pulita. Su queste priorità vanno indirizzate le politiche regionali per le tecnologie d’avanguardia, la creazione e lo sviluppo delle start up, l’evoluzione dei poli di innovazione, la formazione.
Cgil, Cisl e Uil ribadiscono la rilevanza dell’automotive, il più importante comparto industriale italiano, caratterizzato da profondi cambiamenti, che recano incertezze e nuove opportunità. L’autoveicolo può offrire nelle nuove dimensioni societarie e di prodotto l’occasione di investimenti utili a gestire una delicata transizione della manifattura piemontese. Sarà importante utilizzare una parte delle risorse del Recovery Plan per investimenti nelle nuove forme di mobilità, dall’ibrido all’elettrico, fino all’idrogeno, coinvolgendo Eni ed Enel. Occorre puntare a ospitare uno dei poli industriali previsti dai piani europei per la ricerca, lo sviluppo, la produzione di batterie elettriche, impegnando il sistema delle imprese, il Politecnico, il sistema bancario e la cassa depositi e prestiti.
Serve una particolare attenzione verso la neonata Stellantis, in particolare per le strategie future. Va attentamente valutata la possibile cessione di CNH per le ricadute sull’occupazione e il mantenimento del progetto di un polo di sviluppo dell’idrogeno. Il cambio degli assetti proprietari deve diventare un’opportunità e la rivoluzione del prodotto automobile un’occasione per valorizzare le competenze storiche del lavoro e dell’impresa. La fusione tra FCA e PSA deve dare prospettive agli stabilimenti italiani e alle aziende della filiera. I sacrifici fatti da lavoratori e lavoratrici in tutti questi anni, anche per il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali, pretendono la massima chiarezza e le opportune garanzie per il loro futuro lavorativo, destinando per gli stabilimenti piemontesi volumi produttivi e nuovi modelli oltre a quelli individuati dai precedenti piani industriali.
La situazione complessiva dei comparti della pubblica amministrazione è in costante peggioramento ed è necessario un piano straordinario di assunzioni, in considerazione del mancato rinnovo del turn-over da diversi anni, dei nuovi pensionamenti e dell’età media degli addetti, che supera abbondantemente i cinquant’anni.
A livello regionale si deve procedere a una razionalizzazione delle stazioni appaltanti pubbliche, con una drastica riduzione del numero e un potenziamento attraverso l’assunzione di personale specializzato. Vanno, inoltre, ridotti i tempi pre-gara semplificando le procedure. È indispensabile individuare modalità di verifica e vigilanza sull’attuazione dei progetti. In proposito, il Protocollo regionale sugli appalti può rappresentare una garanzia per la legalità (avvalendosi, per il monitoraggio, anche dei dati forniti dalle casse edili) e per la tutela dei diritti dei lavoratori (applicazione dei Ccnl di settore, firmati dalle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, utilizzo delle professionalità appropriate, programmazione della formazione).
Per quanto riguarda l’edilizia, in Piemonte ci sono circa 400 medie e piccole opere pubbliche ancora bloccate. Parliamo di cantieri che valgono 15 miliardi di euro che potrebbero creare 60mila posti di lavoro nel settore delle costruzioni e quasi altrettanto nell’indotto.
Per avere un quadro completo riteniamo che la Regione Piemonte attraverso i suoi Enti strumentali e Istituti di ricerca debba predisporre un’unica banca dati degli appalti pubblici di opere, servizi e forniture, al fine di verificarne l’effettiva realizzazione e valutarne i risultati, attraverso un Comitato di Monitoraggio partecipato dalla Regione, dagli Enti locali, dalle Associazioni Imprenditoriali, dalle Organizzazioni sindacali.
I programmi attualmente finanziati riguardano:
• gli investimenti per la digitalizzazione, banda larga, ultra larga, 5G;
• le infrastrutture viarie, ferroviarie, metropolitane di interesse internazionale e nazionali con i relativi progetti di collegamento regionali e le opere di compensazione Torino Lyon, Terzo Valico dei Giovi, Linea metro torinese Autostrada Asti Cuneo);
• le infrastrutture viarie e ferroviarie regionali;
• la manutenzione ordinaria e straordinaria di ponti, viadotti gallerie, la manutenzione della rete stradale secondaria;
• le infrastrutture e i progetti per la logistica, interporti, retroporti;
• gli interventi e i progetti per l’area di crisi complessa;
• l’implementazione di bacini idrici ad uso plurimo agroalimentare e stoccaggio idroelettrico;
• progetti per le infrastrutture cittadine e di rete stradale per la ricarica celere di batterie elettriche e ibridi plug in, oltre che la creazione di sistemi di produzione, stoccaggio e distribuzione di idrogeno;
• le misure previste nella legge di Bilancio per l’edilizia scolastica;
• la realizzazione del piano asili nido e il potenziamento delle scuole dell’infanzia;
• la riqualificazione di edifici pubblici per gli alloggi destinati a studenti universitari;
• i progetti per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio;
• le bonifiche ambientali, gli interventi per far fronte ai danni degli eventi alluvionali;
• gli investimenti su progetti per la tutela del territorio ed il dissesto idrogeologico;
• le infrastrutture verdi urbane;
• i piani per la rigenerazione, la riqualificazione e l’infrastrutturazione per l’attrazione di investimenti per il riuso di aree dismesse e beni immobili in disuso appartenenti alla Pubblica Amministrazione;
• il finanziamento per interventi pluriennali di ristrutturazione edilizia e l’ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico;
• il Parco della Salute di Torino, la Città della Salute di Novara Nuovi Ospedali;
• il finanziamento per progetti sul distretto tessile biellese.
Ѐ giunto il tempo di progettare il futuro, di utilizzare con efficacia e in modo selettivo le ingenti risorse che arriveranno dall’Europa (Fondi strutturali e di investimento 2021-2027, Recovery Fund, Sure) e quelle, tutte da acquisire, promesse dai Governi (Torino area di crisi complessa, Centro per l’Intelligenza Artificiale, Manufacturing Competence Center, Città dell’aerospazio, infrastrutturazione e messa in sicurezza del territorio regionale).
Si tratta di un’occasione irripetibile che non può essere sprecata, se si vuole contrastare efficacemente il declino e inaugurare una stagione di cambiamento e di innovazione.
È necessario, perciò, predisporre adeguati progetti coerenti con i sei assi indicati dall’Unione Europea, che dovranno essere accompagnati da una governance adeguata fino all’effettiva realizzazione.
Bisogna avere la capacità di mettere in rete idee e competenze, per investire negli ambiti più appropriati, in grado di generare sviluppo duraturo e buona occupazione.
Servono profondi processi di trasformazione, di aggiornamento continuo delle competenze, di ricambio generazionale, per dare vita a un percorso di modernizzazione in grado di rendere attrattivo per le persone e per gli investitori il territorio della nostra regione.
Per fare ciò è imprescindibile che si sviluppi un serio confronto tra Governo nazionale, decisori politici regionali e locali, per realizzare le sinergie utili, in grado di determinare un effetto moltiplicatore delle risorse investite. Alleanze di scopo con le associazioni datoriali su sanità, formazione e politiche attive del lavoro e un confronto vero con la Giunta regionale sull’utilizzo di vecchi e nuovi fondi europei, compresi quelli del Recovery Plan, possono essere il terreno comune da cui ripartire per costruire la ripresa e il rilancio della regione.
Il sindacato confederale è pronto a fornire il proprio contributo di idee e proposte, nell’interesse di lavoratori, pensionati, giovani, cittadini tutti. Diventa, perciò, urgente la costituzione di una Cabina di Regia regionale, al cui interno attivare il confronto con le rappresentanze economiche, sociali e istituzionali.
Le sei missioni per la ripresa e resilienza del Piemonte
Bisogna agire sulle macro aree di intervento indicate dall’Europa per rafforzare il tessuto sociale ed economico del territorio piemontese.
Cgil, Cisl e Uil considerano determinante la creazione di posti di lavoro di qualità e per questa ragione chiedono che per ogni Progetto sia definita la quantificazione dell’impatto occupazionale atteso.
Missione 1: Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura
In tutti i settori stiamo assistendo da tempo all’ingresso di nuove tecnologie, alla digitalizzazione dei processi, alla robotizzazione delle catene produttive, all’uso di sistemi di archiviazione digitali e a un incremento vertiginoso degli acquisti online a discapito dei negozi presenti fisicamente nei territori.
Ancora oggi esistono, in Piemonte, chiari limiti alla diffusione delle tecnologie digitali, a partire dalla banda ultra-larga, che andrebbero rapidamente colmati se si vuole rendere attrattivo il territorio. Va affrontata e risolta urgentemente la questione dell’infrastruttura della nuova rete delle telecomunicazioni, che per noi deve essere unica e con un significativo controllo pubblico.
Emblematico, per dare un’idea dei ritardi, quanto avvenuto, nella scuola, con l’adozione della didattica a distanza (DAD). La rapida realizzazione della digitalizzazione deve essere accompagnata da una “Campagna di alfabetizzazione digitale di massa” per le famiglie, per gli anziani e per lavoratori ed imprese, senza la quale si perderebbe una straordinaria occasione di crescita e si approfondirebbero le diseguaglianze già oggi largamente presenti nell’accesso alla Rete.
Occorre migliorare le attività dei Poli di innovazione, penalizzati dalla scarsa integrazione con gli altri attori dell’ecosistema regionale e dalla carenza di risorse, garantendo un più efficace coordinamento delle iniziative per lo sviluppo e indirizzando maggiormente gli interventi dei Poli verso il sostegno alle start up innovative, all’internazionalizzazione, alla formazione permanente e ai processi di digitalizzazione. La scelta di Torino come sede dell’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale, che avrà il compito di coordinare le attività di ricerca e creare connessioni tra i principali attori tecnologici, va nella direzione dello sviluppo di cloud, edge computing, machine learning.
Missione 2: Rivoluzione verde e transizione ecologica
Il rilancio del Piemonte passa dalla gestione della transizione energetica, da produzioni compatibili con uno sviluppo sostenibile, dalla riqualificazione degli edifici privati e pubblici, a partire da quelli scolastici, dalla valorizzazione delle aziende partecipate per lo sviluppo industriale e dell’economia circolare.
Un nuovo concetto di mobilità, una progettazione produttiva che ponga al centro la sostenibilità, la tutela delle acque e del territorio, richiedono forti investimenti, in grado di creare sviluppo e occupazione, innovazione e coesione sociale.
Ѐ prioritario perseguire l’obiettivo della messa in sicurezza del territorio. Occorre, perciò, definire un piano di interventi coordinati in grado di far fronte alle continue devastazioni, frane e alluvioni che colpiscono le nostre comunità, provocando lutti e ingenti danni sociali. Bisogna utilizzare al meglio i 29,5 milioni di euro stanziati dal Ministero dell’Ambiente, realizzando al più presto i lavori di ricostruzione previsti.
Investire in prevenzione significa, in primo luogo, ridurre il numero delle vittime, ma anche risparmiare risorse importanti nella ricostruzione e nella gestione dell’emergenza.
Cgil, Cisl e Uil Piemonte ritengono altresì importante:
• recuperare i siti industriali dismessi e riconvertire gli edifici pubblici in poli culturali, residenze per studenti, cohousing;
• progettare la manutenzione boschiva dei territori montani;
• favorire i contratti di filiera per l’agricoltura sostenibile;
• rinnovare il parco veicoli del trasporto pubblico locale;
• valorizzare il ciclo integrato dei rifiuti;
• investire nelle infrastrutture idriche primarie.
Missione 3: Infrastrutture per una mobilitá sostenibile
Per la programmazione del futuro non si può prescindere da moderne, funzionali reti infrastrutturali e logistiche, rispettose dell’impatto ambientale, necessarie anche per favorire l’insediamento di nuove imprese.
Nella bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono previsti due progetti riguardanti il territorio Piemontese:
• l’adeguamento delle linee Canavesana e la Torino-Ceres agli standard tecnici della rete nazionale, dal punto di vista infrastrutturale, tecnologico e di sicurezza;
• la prosecuzione dei grandi interventi per lo sviluppo del corridoio europeo Reno-Alpi e la parte occidentale del corridoio Mediterraneo, con il potenziamento delle linee del corridoio nazionale Liguria-Alpi (Terzo Valico dei Giovi unificato con le nuove realizzazioni nel nodo di Genova).
È generalizzata per tutti i territori l’esigenza di intervenire a sostegno del sistema di mobilità delle persone e delle merci. La pandemia ha reso ancor più necessario il potenziamento del trasporto pubblico locale.
Il trasporto ferroviario risente degli ingenti tagli alle risorse praticati negli scorsi anni, che hanno portato alla chiusura di numerose linee, provocando una diminuzione della quantità e della qualità del servizio nell’intera regione. Si evidenzia che parte dell’infrastruttura ferroviaria risulta vetusta e arretrata e, in alcuni tratti, a binario unico.
Il Piemonte, anche grazie alla particolare collocazione geografica, deve assumere un ruolo fondamentale nel processo in atto di trasformazione della logistica (riduzione del trasporto su gomma a favore di quello su ferro) che potrà produrre una consistente diminuzione di CO2 e una maggiore sicurezza.
È indispensabile migliorare la visione d’insieme tra porti, industria e logistica con un maggior coordinamento tra le regioni Piemonte, Liguria e Lombardia ed il coinvolgimento delle parti sociali. La logistica nell’intero territorio regionale manca di una strategia complessiva, lo sviluppo dei Poli è demandato agli interventi dei grandi gruppi internazionali e non produce sempre valore aggiunto, perché mancano infrastrutture che permettano la trasformazione delle merci.
Missione 4: Istruzione e ricerca
La competizione futura si incentrerà sempre più sull’economia della conoscenza, perciò il sistema della formazione e della ricerca sarà fondamentale per preparare le figure professionali utili allo sviluppo della nostra regione. Istruzione e formazione devono, quindi, essere temi centrali nelle scelte di investimento, a partire dalla destinazione delle risorse del Recovery Fund.
Scuola e formazione professionale, ritenute unanimemente indispensabili per le future generazioni e per il Paese, richiedono un innalzamento degli investimenti per colmare il divario dai nostri competitori europei.
Evidenziamo che, in Italia la spesa pubblica per l’istruzione in rapporto al PIL è passata dal 4,5% del 2009 al 3,8% del 2019, rispetto a una media europea del 4,6%.
È importante valorizzare le risorse del sapere presenti nella nostra regione. I Poli universitari, ad esempio, costituiscono un terreno favorevole all’innovazione e alla diffusione della conoscenza. L’incubatore di start up del Politecnico di Torino, che favorisce la nascita di imprese a elevata innovazione tecnologica, rappresenta una eccellenza in questo campo, non solo a livello nazionale. Torino, negli ultimi anni, si è scoperta più attrattiva per i giovani studenti che giungono da altre città italiane ed estere, per affrontare il percorso universitario. Oggi, gli iscritti agli Atenei torinesi superano le 100.000 unità. Una città universitaria dovrebbe, dopo aver formato, offrire sbocchi professionali. Dobbiamo, invece, constatare che, terminati gli studi, molti giovani trovano impiego in altre città italiane, segnatamente nella vicina Milano, o all’estero. Si tratta di una grossa debolezza che va adeguatamente affrontata, per non lasciarsi sfuggire i talenti che potrebbero contribuire alla crescita culturale ed economica territoriale.
Missione 5: Politiche del lavoro, inclusione sociale e pari opportunità
Il valore del lavoro è tornato al centro dell’attenzione collettiva per il contributo delle tante lavoratrici e dei tanti lavoratori che hanno proseguito le attività durante la pandemia, nonostante il pericolo di contagio, per permettere di fruire dei beni e dei servizi indispensabili.
I Protocolli nazionali di sicurezza firmati e i numerosi accordi di settore, aziendali e territoriali sono importanti e devono essere integralmente attuati e costantemente adeguati, per fornire le garanzie necessarie in tutti i luoghi di lavoro. La rinascita del Piemonte sarà possibile solo con la valorizzazione del lavoro, la creazione di posti di qualità, politiche formative efficaci, una gamma di ammortizzatori e misure di sostegno al reddito adeguatamente riformati.
Come più volte richiesto dal sindacato, sarebbe necessario che la Regione si facesse carico di promuovere un serio censimento, anche con le associazioni datoriali, volto ad individuare le figure professionali realmente carenti nel mercato del lavoro piemontese.
I percorsi di formazione, aggiornamento e riqualificazione professionale dei lavoratori potrebbero così essere finalizzati alla preparazione di tali profili. In proposito occorre qualificare e supportare il personale del sistema regionale della formazione e dei Centri per l’Impiego, carente negli organici, nelle dotazioni tecnologiche e nei sistemi di interconnessione con le banche dati pubbliche. Vanno, inoltre, trovate al più presto soluzioni che diano continuità lavorativa ai circa 2.700 navigator che da oltre un anno operano presso i Centri per l’Impiego di tutta Italia, di cui 176 in Piemonte, con contratti di collaborazione in scadenza alla fine del mese di aprile di quest’anno.
La formazione professionale dovrà assumere un ruolo da protagonista per affrontare il delicato problema della riconversione di molti lavoratori, utilizzando anche il contributo dei fondi interprofessionali.
Ѐ prioritario ridefinire il ruolo di governance e di indirizzo della Regione, nel rapporto tra pubblico e privato e nelle relazioni con le parti sociali. Ricordiamo che il sistema degli accrediti degli enti formatori risale al 2013: va quindi adeguato alle nuove esigenze.
Il Recovery Fund prevede indirizzi di spesa specifici per potenziare le competenze tecnico-scientifiche, linguistiche e digitali. Saranno risorse consistenti che dovranno permettere alla Regione Piemonte uno scatto progettuale e di realizzazione.
Un altro punto strategico è l’utilizzo e la diffusione del Fondo Nuove Competenze, istituito dal Governo per consentire alle aziende di erogare gratuitamente percorsi formativi ai propri dipendenti. Oggi gli accordi sottoscritti in Piemonte sono solo un centinaio. Per diffonderne l’utilizzo diventa indispensabile che la Regione assuma un ruolo generale di indirizzo e che costituisca un Fondo Regionale per il sostegno alla definizione dei piani formativi, in particolare per le filiere e le PMI che non hanno le risorse dei grandi gruppi.
In un’economia in affanno, le donne continuano a essere penalizzate. Gli ultimi dati Istat certificano che l’occupazione femminile si attesta al 48,5%, contro il 67,5% di quella maschile. A parità di mansioni, inoltre, la retribuzione degli uomini è superiore del 10,7%. La sfida centrale riguarda la conciliazione e la condivisione dei tempi di vita e di lavoro, tematica culturale e sociale assolutamente strategica e prioritaria, che chiama in causa la società nel suo complesso, perché non può più essere risolta con risposte individuali per lo più femminili. Le differenze di genere nel mercato del lavoro chiamano in causa anche dimensioni relative alla qualità dell’impiego. Tali disuguaglianze si consolidano in età avanzata, quando il reddito pensionistico riflette l’intera vita lavorativa. In proposito, i dati Inps riferiti alle pensioni di vecchiaia, anzianità e prepensionamento, relative al 2019, evidenziano che l’importo medio dei trattamenti delle donne è circa la metà rispetto a quelli degli uomini.
La Commissione Regionale di Concertazione (Crc) potrebbe avere un ruolo importante nella promozione del dialogo sociale e nell’attività di supporto alle politiche regionali.
Il contributo della Crc dovrebbe essere indirizzato a proposte volte:
• alla promozione e alla valorizzazione del contratto di apprendistato, finalizzato alla formazione e alla buona occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori;
• a dare concreta attuazione al libretto delle competenze, necessario a validare e certificare le abilità acquisite da lavoratrici e lavoratori.
È necessario, inoltre, un forte investimento nei progetti di pubblica utilità, con interventi a carattere straordinario per l’inserimento di persone disoccupate nei settori del patrimonio ambientale, culturale, sociale e urbanistico del territorio. Servono, inoltre, misure di accompagnamento alla pensione per le lavoratrici e i lavoratori più anziani espulsi dal processo produttivo, come nel caso dei Cantieri Lavoro per le persone con più di 58 anni.
Missione 6: Tutela della salute
Negli ultimi dieci anni il Servizio Sanitario Nazionale ha subito tagli per 37 miliardi di euro, risorse ingenti sottratte ai fabbisogni sanitari dei cittadini e a quelli del personale.
Le pressanti richieste del sindacato confederale, avanzate da diversi anni, volte al potenziamento della sanità pubblica e alla costituzione di un’adeguata rete territoriale, non hanno avuto seguito e si è perso tempo prezioso per intervenire.
La programmazione della formazione delle figure sanitarie è stata miope e inadeguata, finalizzata solo a conseguire risparmi di spesa, con la conseguenza di non avere oggi sufficienti dotazioni di anestesisti, infermieri, medici di medicina generale, per citare solo alcune categorie di professionisti.
Nel corso degli anni, non solo non si è aggiunto il personale necessario, ma addirittura non sono stati sostituiti al 100% i dipendenti cessati dal servizio.
Governo e Regioni si sono concentrati sulla riduzione di posti letto ospedalieri, senza programmare un riordino complessivo della sanità e un rafforzamento della rete territoriale.
Queste sono state le premesse per la “tempesta perfetta” che si è scatenata, sfociata in lutti, solitudine delle famiglie e confinamento degli anziani in strutture che non erano e non sono nelle condizioni di fronteggiare adeguatamente l’assalto del coronavirus.
L’assenza di un filtro territoriale ha prodotto il collasso delle strutture ospedaliere e alti livelli di mortalità tra gli operatori e i cittadini.
Ora servono proposte per la revisione del sistema socio-sanitario e assistenziale, che deve agire su due direttrici: una strettamente collegata all’emergenza Covid19, l’altra di realizzazione di un nuovo modello, funzionale e diffuso.
Bisogna rivedere l’attuale impostazione, superando la visione “ospedalocentrica” e valorizzando il ruolo del distretto della salute e della coesione sociale, dotandolo di risorse e autonomia in grado di soddisfare i bisogni del territorio, in un dialogo costante con l’assemblea dei sindaci e le parti sociali. Serve una medicina del territorio più accessibile e fruibile, incentrata sulle case della salute, intese come strutture polispecialistiche. Bisogna, insomma, realizzare una rete di assistenza primaria, diffusa capillarmente, collegata all’area sociosanitaria per la presa in carico dei cittadini, in particolare di coloro che sono affetti da patologie croniche e degenerative, sempre più numerose.
È indispensabile, inoltre, procedere a un deciso ammodernamento della rete ospedaliera, realizzare il Parco della salute di Torino e la Città della salute di Novara, i nuovi Ospedali previsti. Servono interventi di manutenzione straordinaria sugli edifici esistenti finalizzati alla sicurezza, funzionalità e al risparmio energetico.
Per la non autosufficienza e la disabilità, occorre introdurre la circolarità domiciliarità-residenzialità, favorendo, ogni volta che sia possibile la scelta domiciliare. Non è più rinviabile un intervento legislativo per ridefinire il modello delle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) e gli standard richiesti, anche alla luce di quanto avvenuto durante la pandemia.
Ricordiamo che il Piemonte ha una popolazione sempre più anziana e in diminuzione, con un indice di vecchiaia di 190 over 64 per ogni 100 giovani con meno di 15 anni. Con un milione e centomila ultrasessantacinquenni il Piemonte è al secondo posto in Italia, dopo la Liguria, per invecchiamento della popolazione. L’indice di fertilità continua a diminuire ed è ormai giunto a un livello inferiore a quello necessario a garantire il ricambio generazionale.
Di fronte al costante aumento della popolazione anziana è necessario promuovere la cultura dell’invecchiamento attivo, con politiche che favoriscano la fattiva partecipazione alla comunità e il miglioramento della qualità della vita.
Bisogna, inoltre, ricordare negativamente che i finanziamenti per l’assistenza, le politiche sociali, la non autosufficienza, negli ultimi anni, sono diminuiti o, nell’ipotesi migliore, rimasti invariati, determinando per le famiglie in difficoltà, impegnate a garantire l’assistenza ai propri cari, pesanti situazioni di indebitamento.
Ora è fondamentale programmare l’utilizzo efficace e veloce delle risorse straordinarie messe a disposizione dall’Europa, attraverso i confronti e gli approfondimenti con le principali forze di rappresentanza del territorio piemontese.
Servono, inoltre, riforme da avviare a livello nazionale, a cominciare da quelle della Pubblica Amministrazione e del fisco.
Cgil, Cisl e Uil Piemonte
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