Con la testimonianza del bracciante Koanda Mounouni, entra nel vivo il “processo Momo” per caporalato

È ripreso il 3 maggio 2021 al Tribunale di Cuneo il processo Momo per presunti episodi di caporalato in cui Sicurezza e Lavoro, rappresentata dall’avvocato Giacomo Mattalia, è parte civile, insieme a Cgil Cuneo e Flai Cuneo.

Nell’udienza, presieduta dalla giudice Alice Di Maio, sono stati auditi i periti che hanno trascritto le intercettazioni telefoniche e i primi lavoratori coinvolti.

Il primo lavoratore che ha testimoniato in aula, Koanda Mounouni (assistito dall’avvocata Valentina Sandroni), nato in Burkina Faso il 27 aprile 1977 e ora residente a Calolziocorte (Bergamo), ha dichiarato che è venuto per la prima volta in Italia, in Piemonte, nel 2013, quando, su consiglio di un amico, è andato a Saluzzo per raccogliere la frutta durante la stagione estiva, dormendo per strada, al Foro Boario.

Dopo aver lavorato per la raccolta delle arance a Rosarno nel 2014, ha affermato che nello stesso anno – su suggerimento di “Momo”, suo connazionale, principale imputato nel processo – è andato a lavorare per la ditta Gastaldi di Lagnasco (Cuneo) e ha raccolto nei campi kiwi, pesche, mele e pere e lavorato nel magazzino di stoccaggio della frutta. Abitava – ha aggiunto – con tanti altri lavoratori migranti che dormivano in quattro per ogni stanza in una cascina messa a disposizione dal datore di lavoro, ma doveva versare a Momo il pagamento di luce e gas (in media 70 euro al mese).

Aveva contratti di lavoro al massimo di sei mesi, ma nel 2017 ha riferito di aver chiesto a Momo di poter stipulare un contratto di almeno un anno per poter richiedere la carta di soggiorno. In cambio – ha spiegato – ha dovuto versare a Momo 304 euro “per le tasse” (76 euro in 4 “rate”) ogni anno per due anni. Ha detto poi di aver dovuto pagare a Momo 300 euro per “ringraziarlo” per avergli fatto prendere la residenza presso casa sua (anche se non ci ha mai realmente abitato, vivendo nella casa del datore di lavoro), più altri 300 euro per una presunta multa, che gli sono stati scalati dall’indennità di disoccupazione.

Mounouni ha anche testimoniato che lui e altri lavoratori dovevano dare ogni mese a Momo 20 euro per poter lavorare: tutti avevano paura di lui – ha affermato – perché “poteva farti licenziare”. Momo – ha riferito il teste – diceva che aveva spese per benzina e per ricariche telefoniche e che anzi era un prezzo “di favore”: ai “nuovi” ha detto che chiedeva 50 euro al mese per le “spese”.

Vignetta di Tiziano Riverso per Sicurezza e Lavoro.

Non ha mai parlato direttamente con il datore di lavoro – ha spiegato Koanda Mounouni – ma ha avuto sempre la “mediazione” di Momo.

Riceveva 5 euro all’ora (poi 5,50) come paga (concordata con Momo): non c’era uno stipendio fisso – ha precisato – ma variava in base alle ore lavorate (da 400 a 1.000 euro al mese). Lavorava 9-10 ore al giorno (a volte 11), a volte anche il sabato e la domenica (senza riposo) e sotto la pioggia, mentre altri ne lavoravano molte di più, anche di notte – ha asserito. La busta paga però – ha affermato – non coincideva mai con le ore lavorate. Le ore dichiarate venivano pagate con bonifico, le altre in contanti, in “nero”.

Come già dichiarato ai Carabinieri nel verbale di sommarie informazioni del 29 ottobre 2018, ha ripetuto in aula che sullo stipendio di settembre 2018 di 1.214 euro ha poi dovuto “rimborsare” alla ditta Gastaldi circa 630 euro, “pagati per errore”.

Ha anche detto che ogni mese gli “trattenevano” dei soldi dalla busta paga per far risultare sul CUD un numero di giornate lavorative sufficienti a ottenere il permesso di soggiorno.

Momo dava gli ordini e a volte minacciava i lavoratori – ha detto. Momo e Graziano, il padre del datore Diego Gastaldi, urlavano se rallentavano il lavoro. Anche Diego Gastaldi dava loro ordini, tramite Momo. A volte – ha riferito – ha anche dovuto potare le piante da frutta nel campo mentre venivano irrorati antiparassitari.

La prossima udienza del processo Momo, per le perizie sui supporti informatici e per integrare le perizie delle intercettazioni, è prevista per le ore 9.00 di lunedì 17 maggio 2021. L’audizione degli altri lavoratori parti offese avverrà invece martedì 15 giugno 2021 alle ore 9.30. Si tratta di lavoratori migranti che però in diversi casi sono andati a lavorare all’estero o sono tornati al Paese d’origine: al momento – ha specificato la Pm Carla Longo – su 24 citazioni, 16 parte offese risultano irreperibili.

Loredana Polito

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