Nel settore agro-alimentare italiano il fenomeno delle false cooperative e degli appalti illegali che portano allo sfruttamento di migliaia di lavoratori e lavoratrici, moltissimi di origine straniera, è noto da anni, ma la recente vicenda della Castelfrigo di Castelnuovo Rangone (Modena) – srl che si occupa della lavorazione e del commercio di carni suine – e la manifestazione “Basta schiavi” organizzata da Flai e Filt Cgil il 18 dicembre 2017 sembrano aver posto finalmente il tema alla ribalta nazionale.
Irregolarità contrattuali e contributive, evasione fiscale, caporalato e lavoro nero sono pratiche diffuse in molte cooperative “spurie” che forniscono manodopera ad aziende – anche di prodotti di eccellenza – dell’agro-industria italiana, ad esempio in salumifici e macelli, al Nord come al Sud. Si utilizza fraudolentemente la forma societaria della cooperativa per “smontare” i contratti di lavoro, per ridurre i diritti, per abbassare i costi del lavoro (a volte, anche di oltre il 50%!).
Sono sempre più diffusi casi di sfruttamento che rasentano un nuovo e moderno caporalato. Sono coinvolti lavoratori di tutte le etnie, che subiscono, spesso da altri migranti, vessazioni e soprusi, con un crescente pericolo per la tenuta della coesione sociale anche all’interno degli stabilimenti, per le differenti condizioni retributive e di diritti tra lavoratori dell’impresa committente e quelli delle false cooperative.
Ci sono false cooperative che nascono e scompaiono come funghi, cambiano i nomi di amministratori delegati e presidenti, che poi magari riappaiono in altre cooperative. Ci sono cooperative che applicano il contratto della logistica e dei trasporti, mentre i propri soci lavoratori disossano e rifilano prosciutti, lavorano carni e producono salumi. E ancora, ci sono cooperative inserite – tramite appalti – nel processo produttivo dell’impresa committente, mentre il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) lo vieta espressamente.
Anche nel caso della Castelfrigo manca un corretto inquadramento contrattuale: ciò ha spinto un gruppo di oltre 70 lavoratori a rivendicare – dal mese di gennaio 2016 – gli elementari diritti che vengono riconosciuti nella maggior parte delle aziende. Richiesta che è costata ai 70 lavoratori una vera e propria rappresaglia sindacale: lettere di contestazione, regolamenti vessatori e il licenziamento di due RSA, poi recentemente reintegrati dal giudice. Inoltre, le cooperative appaltatrici, per soddisfare i desiderata del committente Castelfrigo, hanno attivato due procedure di licenziamento collettivo, che interessavano 126 lavoratori delle false cooperative appaltatrici, ma che in realtà erano finalizzate a espellere i 70 lavoratori.
Dal 17 ottobre 2017 è quindi partito uno sciopero ad oltranza, che per tre lavoratori e un dirigente della Flai di Modena è diventato anche uno sciopero della fame, dal 19 dicembre, per alcuni giorni.
Nascono da qui lo slogan e la manifestazione “basta schiavi” del 18 dicembre 2017. Perché le persone devono conservare i propri diritti costituzionali anche quando entrano in fabbrica: devono poter svolgere un lavoro dignitoso, con un contratto regolare e senza turni massacranti, avere una retribuzione equa e regolare e poter scegliere liberamente a quale sindacato aderire, senza temere ripercussioni o il licenziamento.
Nonostante denunce per accertare evasioni fiscali, contributive, Iva, Irap e Inps, mentre la legge fa il suo lento percorso, cresce il livello di sfruttamento di lavoratori e lavoratrici, con una tensione sociale che diventa sempre più esplosiva, all’interno della Castelfrigo, come in tutto il settore della lavorazione e trasformazione delle carni, ormai “infestato” da appalti di dubbia legittimità. E senza, purtroppo, che le associazioni imprenditoriali intervengano per isolare le aziende che operano nell’illegalità e fanno competizione sleale, mettendo così a rischio anche eccellenze e prodotti italiani di qualità in settori strategici dell’economia italiana. [amazon_link asins=’8823020158,886843654X,B06XFR7847,8899747822′ template=’ProductCarousel’ store=’siclavoro-21′ marketplace=’IT’ link_id=’b7f3eeaf-fa1a-11e7-a2cd-81d5614aa734′]
Cosa deve ancora accadere per fermare la diffusione dell’illegalità, prima del precipizio? Tutti possono fare qualcosa per evitare che la situazione degeneri: i lavoratori e le lavoratrici e la Flai (Federazione Lavoratori Agro-Industria) stanno lottando da tempo, in un preoccupante e assordante silenzio. Ora tocca anche ad altri far sentire la propria voce: alle Istituzioni, alle associazioni datoriali e alle imprese stesse.
Intanto, la vertenza Castelfrigo non è finita. È stato sospeso lo sciopero della fame dopo l’importante accordo firmato in Regione Emilia-Romagna, con cui le associazioni datoriali si sono impegnate a ricollocare i lavoratori in esubero, ma il presidio permanente, davanti all’azienda, continua.
E continuerà fino a quando non saranno ricollocati tutti i lavoratori e continuerà per mantenere accesi i riflettori su quell’azienda, su quel settore e su quel distretto.
Purtroppo, la nota dolente è rappresentata da due accordi separati – sottoscritti unicamente dalla Fai Cisl – che, di fatto, consentono l’assunzione dei soli lavoratori che hanno garantito la continuità lavorativa – ovvero, che non hanno scioperato – e hanno espressamente dato mandato alla stessa Fai Cisl di rappresentarli, con tutte le perplessità che da ciò potrebbero derivare. Perplessità che verranno approfondite nelle opportune sedi giudiziarie: tali accordi lederebbero il diritto costituzionale allo sciopero e avrebbero portato a discriminazioni nelle assunzioni.
Umberto Franciosi
Segr. Gen. Flai Emilia-Romagna
[amazon_link asins=’8868304090,8823020158,8823018978,886843654X,1520971389,8814166358,B06XPKT3WJ,B06XFR7847,8899747822′ template=’ProductCarousel’ store=’siclavoro-21′ marketplace=’IT’ link_id=’f8483b8a-fa15-11e7-aa16-a520d239f3b4′]