Nell’incontro del 23 febbraio 2018 al Castello della Rovere di Vinovo (Torino), promosso dall’Amministrazione locale e da Sicurezza e Lavoro e moderato da Pino Borello, abbiamo ripercorso la carriera dell’ex procuratore della Repubblica Raffaele Guariniello, magistrato da sempre impegnato nella difesa dei diritti di lavoratori e lavoratrici e dei più deboli, che ha recentemente pubblicato la propria biografia “La giustizia non è un sogno. Perché ho creduto e credo nella dignità di tutti”, edita da Rizzoli (238pp, 2017, EUR 9,43).
Guariniello, nato a Frugarolo (Alessandria) il 15 marzo 1941, ha aperto l’incontro ricordando gli inizi della sua carriera quarantennale a Torino, iniziata come pretore che si occupava di assegni a vuoto e guida senza patente. Ben presto però si accorse che c’erano interessanti leggi sulla sicurezza sul lavoro che non venivano applicate e di cui poteva occuparsi.
All’epoca – ha spiegato – l’intervento delle Istituzioni sulla sicurezza sul lavoro era meno frequente e gli infortuni erano considerati una fatalità anche dalle stesse Procure. Spesso, nelle sentenze si scriveva: “non ci sono responsabilità di terzi”.
Intanto, si scoprivano infortuni, malattie professionali e tumori professionali, come quelli alla vescica causati dalla fabbrica di coloranti Ipca (Industria Piemontese dei Colori di Anilina) di Ciriè (Torino).
Poi ci fu l’ingresso del magistrato nel “santuario” Fiat, con le scoperte fatte nella cassaforte del centro di via Giacosa a Torino e nel palazzo di corso Marconi, dove c’era una vera e propria “biblioteca” su idee politiche, frequentazioni e abitudini di centinaia di migliaia di persone (350mila schedature) che servivano per capire se assumere o meno (o licenziare) i dipendenti dell’azienda, ma anche per “controllare” sindacalisti e politici.
Allora, come oggi, c’era sempre lo spauracchio della prescrizione e il processo sulle schedature Fiat venne trasferito al Tribunale di Napoli, che condannò tutti gli imputati. In Corte d’Appello però i reati vennero poi dichiarati prescritti.
Ma un processo – anche se finisce prescritto – o anche soltanto l’avvio di un’indagine ha però sempre degli effetti: quel sistema di schedatura non venne più utilizzato!
Guariniello ha quindi ricordato alcuni dei suoi maestri: Norberto Bobbio, Galante Garrone e il professor Conso, poi ministro della Giustizia. Personaggi di cui oggi – ha affermato – si sente la mancanza. Avevano rigore, competenza e passione e sentivano il dovere di aiutare i più deboli. Qualità, oggi, spesso trascurate. Anche in Parlamento, dove Guariniello ha lavorato in questi ultimi due anni per la Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, presieduta dall’on. Gian Piero Scanu.
La giustizia – ha detto – deve essere un aiuto per i più deboli. E sarebbe un errore per cittadini rinunciare alla giustizia. Fare giustizia non è facile e non sempre è possibile, ma bisogna insistere: mai demordere!
La giustizia può non essere un sogno, ma dipende da noi.
Come avvenne per l’amianto, con le associazioni di industriali che inizialmente insorsero, affermando che non era nocivo.
Il primo processo sull’amianto in Italia si fece proprio a Torino e riguardò il grattacielo Rai vicino alla stazione ferroviaria di Porta Susa. Ancora oggi però ci sono migliaia di vittime: ad esempio, ci sono state 870 persone morte di mesotelioma tra i marinai che operavano sulle navi militari. E tantissime muoiono di amianto senza che nessuno lo sappia, e senza che si faccia un processo, in tanti luoghi d’Italia.
A Torino da metà degli anni Novanta c’è l’Osservatorio sui tumori professionali, che sinora ha raccolto 30mila segnalazioni. Svolge un’opera fondamentale per avviare i processi, garantire risarcimenti alle vittime e fare prevenzione, anche indagando sulla storia delle vittime. Come accade per il caso di un macellaio, morto di mesotelioma perché lavorava in un palazzo coibentato in amianto, che metteva a rischio lavoratori e clienti. Il palazzo, grazie a quella segnalazione, fu scoibentato e si evitarono altri lutti.
L’Osservatorio però esiste solo a Torino. Dovrebbe esserci in tutta Italia. Guariniello ne propone l’istituzione a ogni Ministro della Giustizia. Ha cominciato con Rosy Bindi, ma finora nessuno ha deciso di realizzarlo…
Una questione nazionale, come quella di una Procura unica specializzata su infortuni sul lavoro e malattie professionali che abbia competenza su tutto il territorio nazionale. Però non viene creata: forse, c’è il timore che funzioni…
In Italia, infatti, ci sono 120 Procure, ma molte sono piccole e non specializzate e non sono in grado di affrontare processi complessi e di evitare la prescrizione. Andrà così probabilmente prescritto il processo sulla strage ferroviaria di Viareggio, mentre così non è stato per quello per le sette vittime alle Acciaierie ThyssenKrupp di Torino, che – anche se è durato quasi 10 anni – ha terminato le indagini iniziali in soli due mesi e mezzo, grazie a un gruppo di lavoro specializzato.
Nell’incontro abbiamo ricordato anche il processo sul doping, che ha avuto un’importanza anche culturale per i valori sportivi dei più giovani e ha portato l’Italia a considerare il doping un reato.
Non sono mancati poi riferimenti al processo sul rogo del Cinema Statuto di Torino del 13 febbraio 1983, a quello su Stamina e a quello del crollo del controsoffitto al Liceo Darwin di Rivoli del 22 novembre 2008. Un problema serio, quello della sicurezza nelle scuole – ha spiegato l’ex procuratore – che tocca temi molto delicati: chi è infatti il responsabile? I dirigenti scolastici oggi sono indicati come datori di lavoro, ma non hanno poteri di spesa. Tant’è che il dirigente scolastico condannato dalla Cassazione per la scuola crollata a L’Aquila in seguito al terremoto è stato poi graziato dal Presidente della Repubblica. La questione rimane tuttora irrisolta.
Massimiliano Quirico
direttore Sicurezza e Lavoro
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